Berlino, 22-24 agosto 2022
Agosto 24, 2022Vienna, 28-29 agosto 2022
Agosto 29, 2022Praga, 25-26 agosto 2022
Iniziò a piovere. Forte. Mi girai. il fiume era grigio. Il contrabbasso aveva una bellissima collana di perle. La cassa era circondata da sabbia sempre più scura. Io non potei che… scoppiare a ridere.
Sul treno un casino, un ingorgo pazzesco, le persone nervose e il contrabbasso non ci stava. O entri tu o i passeggini o i contrabbassi.
Ma poi, mollato lo strumento in un angolo, nella nostra cabina eravamo con una famiglia messicana. Sorridenti, alla mano, gentili, la radice latina che avevamo in comune si stava facendo sentire.il Messico una costante …andremo a Città del Messico! Statene certi.
Berlino-Praga. 4 ore di viaggio, sono state 4 ore di foto da editare, post da scrivere, real da inventare, storie da postare,…il viaggio è durato esattamente il tempo per finire di pubblicare tutto. Capito? 4 ore. Wow. Penso che i social ci stiano mangiando la vita, però oh, voglio divulgare un messaggio, se è da fare, si fa. Considero la mia pagina instagram come il mio piccolo palco, da dove posso raccontare di me come una storia e del mio messaggio come un grande spettacolo.
Praga, una città dal fascino gotico e stregato. Mi ricordava un’ambientazione di quei film con streghe e maghi. Sembrava veramente una piccola Hogwarts. Torri nere che si stagliavano nel cielo azzurrissimo.
Non mi piacciono i souvenir, ma quando siamo entrati in questo negozio, dal primo carillon che Andrea provò uscì Bella Ciao. Tra miliardi di possibilità proprio quella canzone. Non poteva che essere mio. È stato lui a scegliere me. Non il contrario.
Ormai io e Andrea eravamo rodati. Cassa, contrabbasso, zaino eppure in velocità potevamo scendere le scale e cambiare treni. L’amore improvviso per Praga è nato per il fatto che il nostro hotel era a un minuto dalla stazione, saranno stati venti metri. L’hotel carino. La ragazza in reception era gentilissima. Saliti in camera, eravamo felicissimi ma anche distrutti. La stanza era bella. Meno curata nei particolari rispetto a quella di Berlino, ma comoda e spaziosa, un lettone gigante e finestre grandissime.
Il programma era ferreo. Dovevamo uscire a fare le foto perché il giorno dopo avremmo dovuto fare solo lo spettacolo. Io volevo collassare a letto, ma Andrea: “Forza Lotta, giù dal letto”, mi ha spronato e convinto a uscire. Prima di tutto abbiamo cercato da mangiare. Più camminavamo per la città, più ci rendevamo conto che era meravigliosa. Sembrava una perla. Curata in ogni particolare. Colorata. Pulita. Perfetta. Persino troppo. Sembrava finta. Un gioiello. Un gioiello fatto dalle abili mani di un artigiano come gli oggetti in vendita nei negozi e nei chioschetti.
Ci siamo resi conto che tutto il centro di Praga assomigliava a un set cinematografico e, stranamente, passando davanti all’Opera ne abbiamo trovato uno vero. Stavano girando delle scene di una serie tv che, peraltro, Andrea conosceva. Siamo rimasti lì per un po’ e mentre i turisti che passavano fotografavano le opere d’arte, la splendida architettura, l’orologio astronomico, Andrea, invece, immortalava le luci, gli impianti, persino le prese presenti sul set. Cose strane, insomma.
Camminando, siamo finiti in un quadro. Scorci meravigliosi dove la natura si fondeva con l’architettura. Superato il Ponte Carlo, siamo entrati in un negozio dove tutto era fatto a mano, carillon, cartoline, quadretti, gioielli, tutto, tutte le meccaniche fatte a mano, alcune perfino con materiali di recupero. Non mi piacciono i souvenir, ma quando siamo entrati in questo negozio, dal primo carillon che Andrea provò uscì Bella Ciao. Tra miliardi di possibilità proprio quella canzone. Non poteva che essere mio. È stato lui a scegliere me. Non il contrario.
Praga è quel carillon. Perfezione nei dettagli, nel piccolo. Non so come dire, era diverso.. Era come entrare in un in uno di quei romanzi medievali dove le storie sono lontane da noi. Nordiche. Per nulla mediterranee. Molto Re Artù.
Una coincidenza incredibile. Paragonabile a quella della promessa di matrimonio a Parigi. Quindi ho preso il mio bel carillon di Bella Ciao e ho iniziato a camminare sul Ponte Carlo. Suonando il mio carillon, tutta la gente si girava, un po’ come quando tiravo fuori il contrabbasso. A pensarci, scherzando con Andrea, abbiamo pensato che sarebbe stato meno faticoso del contrabbasso avere! un carillon per ogni canzone dello spettacolo.
Davanti al muro di John Lennon, siamo rimasti entrambi un po’ delusi. Il volto di Lennon era completamente coperto da scritte tipo “Ti amo, Teresa”,” I love you forever, Andrew” “Ich werde dich immer lieben Katy” tutte queste frasi deturpavano l’opera dell’artista. Rimanevano soltanto fuori la fronte e un po’ degli occhiali, come se stesse sbirciando dietro tutte quelle scritte d’amore. Quindi alla fine il messaggio d’amore di quel murales gigante passava ugualmente, persino più forte nella sua deturpazione.
Poche ore prima avevo paragonato Praga a una piccola Hogwarts e ora sulla fronte di John Lennon c’era proprio la saetta di Harry Potter. La cicatrice di Harry Potter. Non devo essere stata l’unica a fare questa associazione…
Davanti a John Lennon c’erano tante poesie scritte su fogli di carta appesi. Non ho capito se erano poesie scritte di recente per la guerra in Ucraina o se erano poesie famose o pezzi di canzoni di Lennon. Erano tante, tantissimi i fogli.. Coprivano quasi completamente la vista dal muro. La poesia per la pace, la poesia per fermare la guerra copriva l’intera opera. Forte il messaggio, come i colori del muro.
Dopo una cena a base di pizza (siamo noiosi, lo so), Andrea mi ha fatto conoscere Blanca. A parte la battuta di “conoscere una meravigliosa donna cieca proprio nella Repubblica Ceca”, questa serie tv mi riportava in Italia attraverso la storia di una donna solare, coraggiosa, autoironica, appassionata e forte. I vicoli di Genova e Camogli erano lo sfondo profumato di questa storia. Un profumo di casa, una storia di coraggio. Era esattamente quello che mi serviva. Una storia che sto portando avanti ora in Italia e che mi ricorderà per sempre Praga e la mia lotta in quella città tanto calma e pacifica. Un contrasto coraggioso come la capacità investigativa e l’occhio infallibile di una donna che ha superato ogni limite umano grazie alla sua forza.
Il giorno seguente uscimmo a camminare di nuovo sul Ponte Carlo. Il ponte si stendeva su La Moldava sotto di noi. Era gigantesca. Vedere quel fiume mi riportava alla mia classe, a Parma, quando il maestro ci parlava degli autori che usavano la natura come musa. Ero sopra a una musa, la musa di B. Smetana. Sentivo l’orchestra, i violini nello scorrere dell’acqua, i fiati tra le parole della gente. Ho i brividi anche solo a descrivere quell’istante. Figuratevi a viverlo.
In hotel, ricomposti e call con il team di Mirandola Comunicazione, Marisandra, Francesco e Sara. Erano tutti lì per comunicare Lotta, per cercare di aiutarmi nella mia avventura. Erano a casa e lavoravano per far sì che io riuscissi a vivere l’esperienza migliore di tutte e che, una volta tornata, potessi continuare a portare avanti la mia lotta e ad amplificare la mia voce anche grazie al loro aiuto. Ci hanno dato consigli importanti su come migliorare la comunicazione e rendere ancora più efficace la nostra narrazione. Ci hanno fatto specchio e mostrato con chiarezza quello che si stava percependo da fuori. Sono bravissimi.
Eravamo carichi. Pronti. Avevamo scelto il posto. La polizia era stata super disponibile, veramente dolci, sembravano finti esattamente come la loro città, sembrava quasi che volessero scortarmi di persona a fare lo spettacolo. MA… ci hanno detto che per esibirsi sul Ponte Carlo serviva vincere un concorso. Me lo aveva anticipato un contrabbassista di strada incontrato il giorno prima. E in effetti tutti avevano una strana targhetta. Non potendo suonare sul ponte, abbiamo deciso di metterci sotto.
Chiamiamo il taxi ma non arriva, uno passa e non si ferma. Qualcosa era andato storto con l’app. Il premio però è stato il tassista che, dopo un bel po’ di attesa, è arrivato. È stato amore. Anche lui finto come la città. Anche lui finto come i poliziotti. Praga è finta. Bellissima eh, ma questa perfezione mi spaventa. Non a caso ricorda Hogwarts. Andrea chiacchierava amabilmente seduto davanti. Io avevo l’ansia che mi saliva. Suonare i Muse, urlare la mia protesta, cantare la mia lotta in quella città delle favole mi pareva fuori luogo e persino irrispettoso. Suonare i Muse davanti a un posto così naturale, così sereno. Mi pareva di interrompere lo scorrere sereno e lento della Moldava. Ma dovevo farlo! I turisti si stavano avvicinando, tanta gente continuava ad avvicinarsi e mi sono fatta forza e in mezzo alla sabbia e con le onde del fiume alle spalle iniziai a cantare.
Vento tra i capelli. Il fruscio del fiume e delle foglie. Io cantavo, il volume era basso nel rispetto del luogo in cui mi trovavo, mi sentivo un tutt’uno con il fiume. Il vento diventò più forte, i capelli si intrecciavano e mi volavano intorno al volto. Ero felice. Ad ogni secondo di spettacolo che passava mi sentivo sempre più parte di tutto il resto. Non esisteva altro. L’acqua, il vento, ero forte. Mi sentivo forte. Non mi resi nemmeno conto che la gente non c’era più, La gente non c’era più. Perché?
Tornai in me. Guardai Andrea, poi in camera, continuando a cantare come niente fosse. La telecamera era diventata il mio pubblico. Ma a un certo punto: una goccia. Due.
Iniziò a piovere. Forte. Mi girai. il fiume era grigio. Era un altro rispetto a quello a cui avevo dato le spalle all’inizio di Detonazione. Il contrabbasso aveva una bellissima collana di perle. La cassa era circondata da sabbia sempre più scura. Io non potei che… scoppiare a ridere.
Era bellissimo. Era incredibile. La Moldava e tutta Praga si erano uniti allo spettacolo, a mo’ di “Pioggia nel pineto”. Tolsi il microfono e corsi sotto la pioggia. Andrea mi seguì. Iniziammo a ridere e far foto. Ormai eravamo fradici, ma che importava. Mi sentivo viva. Mi scuso pubblicamente con le ragazze di CLOTHEST*. Il mio vestito preferito, quello a pois blu, era zuppo e oggi giorno non ci si può fidare della pioggia. Chissà cosa c’è dentro.
Prendemmo tutto e scappammo via. Ci riparammo e improvvisamente smise di piovere. Avevamo smontato. Non c’era più gente in giro e sulle prime decidemmo di tornare a casa. Poi, però, ho realizzato di essere troppo carica per smettere di suonare. Ho tirato fuori il contrabbasso e ci siamo messi a suonare sotto una tettoia. Avrò fatto almeno sei volte di seguito “Bella Ciao”. Mi ero trasformata nel mio carillon. Le persone erano un po’ fredde. La pioggia non aiutava. A un certo punto alle nostre spalle appare un signore che ci invita a suonare dentro il suo hotel. Sulle prime decliniamo facendo presente che avevamo appena chiamato un taxi. Il primo taxista arriva, squadra il contrabbasso, squadra Andrea e, senza dire una parola, se ne va. Rimaniamo interdetti ad attendere il secondo che pare non arrivare. Io continuavo a suonare. Non so perché ma la situazione mi dava una strana energia. Dopo venti minuti il tipo dell’hotel ritorna e ci convince. Ho suonato per loro, mi sono persino esercitata con l’esame per il Conservatorio. Dopo un po’ arriva il taxi. Non ci piaceva perché non era elettrico, ma eravamo lì da più di un’ora e abbiamo fatto un’eccezione. Alla radio la canzone di Dualipa. Nonostante non avessimo fatto lo spettacolo, ero felice per quella strana giornata: la pioggia, la corsa, lo spettacolo improvvisato nell’hotel, il pubblico dei turisti, il sottofondo musicale di Dua Lipa e fuori un rullio infinito di cartoline incredibili, il cielo rosa cingeva le torri scure, non era realtà, ero caduta in un quadro e questo stava scorrendo veloce intorno a me. Non parlavamo né tra noi né con il taxista per non interrompere l’emozione di quel momento. Saliti in hote siamo crollati felici.
La mattina dopo levataccia per andare a prendere il treno verso l’ultima tappa: Vienna. Viaggi in treno sempre più difficili. I treni non sono pensati per chi suona il contrabbasso.